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"Noi tre" è la storia di Pier Vittorio Tondelli, di Filippo Betto e dell'autore di questo romanzo - tre ragazzi che volevano essere scrittori. Venivano dalla provincia, avevano pochi mezzi e "consideravano la letteratura il loro mondo segreto, oltre che la principale ragion d'essere". E poiché avevano quasi tutto in comune, "si amarono come ci si ama da ragazzi, senza remore morali né pietà". L'Italia è quella degli anni Ottanta del secolo scorso. Un Paese opulento, di colpo incline a scrollarsi di dosso le molte ipocrisie della tradizione cattolica e di quella comunista. L'Italia che dissipò se stessa nell'ubriacatura del consumismo, ma anche una nazione che finalmente si affacciava alla modernità. Nella musica pop trionfavano le band neoromantiche. In letteratura si riscopriva il minimalismo. Nell'arte tornava l'uso dei pennelli e della tela. La pubblicità - Andy Warhol era ancora vivo usciva dal dominio dell'economia per entrare in quello dell'estetica. Pier, Filippo e Mario inventarono un linguaggio quotidiano di amicizia, complicità, erotismo. E quella fu la loro "età del jazz" formato tascabile. Erano giovani, si sentivano liberi e persero tutto. Pier incontra subito la notorietà letteraria, pagandola a caro prezzo. Filippo è il più giovane: possiede il distacco dei fratelli minori, ma l'inquietudine lo divora. Mario, che dei tre si direbbe il più forte, è tuttavia il meno sicuro di sé.